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Franco Vittadini

“È l’anima che vola, l’anima che nessuno può incatenare”

Così annotava Franco Vittadini sulla partitura di Fiammetta e l’avaro una delle sue ultime opere non rappresentate in vita ma solo nel 1951, a tre anni dalla morte. Nato a Pavia il 9 aprile 1884, allievo di Ettore Pozzoli e Galdino Passera al collegio San Francesco di Lodi, fu ammesso nel 1903 al conservatorio di Milano a frequentare i corsi di composizione e di direzione d’orchestra di illustri didatti quali Vincenzo Ferroni, Giuseppe Gallignani, Amintore Galli e Carlo Andreoli. Lasciato prematuramente il conservatorio a causa di dissapori con il direttore Gallignani, per un breve periodo fu maestro di cappella alla Prepositurale di Varese quindi tornò a Pavia dove, nel 1922, entrò a far parte della Commissione di Ispezione del Civico istituto musicale e dal 1924 ne divenne direttore.

Nel 1921 aveva fatto il suo esordio sulle scene melodrammatiche con la commedia lirica Anima allegra che aveva ottenuto un grandissimo successo e lo aveva imposto come musicista di buon gusto, padrone della materia, dotato di un garbato senso del burlesco, di schietta musicalità postverista.

A questa erano seguite non solo altre opere teatrali (La Sagredo Milano, Teatro alla Scala, 1930; Caracciolo Roma, Teatro reale dell’Opera, 1938) ma anche pagine sacre (Nazareth Pavia, Teatro Fraschini, 1925; Il natale di Gesù Bari, Petruzzelli, 1933) e soprattutto balletti, genere che impose Vittadini quale erede delle grandi fortune coreografiche di Romualdo Marenco e di Luigi Manzotti.

Il debutto coincise nel 1928 al Teatro alla Scala di Milano con Vecchia Milano, su libretto di Giuseppe Adami, che ricevette apprezzamenti entusiastici, e uguale sorte toccò ai successivi quattro balletti: La dama galante (Venezia, Excelsior, 1929); Fiordisole, (Milano, Teatro alla Scala, 1931); Tutù sotto il ciliegio (Milano, Teatro alla Scala, 1942), La Taglioni, (Milano, Teatro Lirico, 1945) che lo consacrarono restauratore del cosiddetto “ballo grande”, ovvero all’italiana, in contrapposizione alla moda del Balletti Russi approdati in Italia nel 1927.

Nel ricco catalogo compositivo trovano posto anche brani sinfonici per grande e piccola orchestra (Armonie della notte, 1925; Scene musicali, 1926; Scherzo, 1931; L’ora vespertina, post 1935; Poemetto romantico, 1938; Quadretti francescani, 1939), cameristici per vari organici, e sacri (diciassette messe tra cui la Messa di San Siro, 1909; mottetti, due oratori e l’Agonia del redentore) nonché musica da film (Idilliaca; Esotica; Settecentesca; Marcia eroica; Angoscioso; Uragano; Campagnola; Grottesca; Mattinata; Mistica, Pastorale, Plenilunio).

Alla sua morte, avvenuta a Pavia il 30 novembre 1948, rimasero tre lavori non rappresentati: Il mare di Tiberiade, Sirenetta e Fiammetta e l’avaro, i primi due dei quali attendono ancora un’adeguata considerazione.